Dellupi Arte inaugura la stagione espositiva con una mostra dedicata a tre maestri dell’arte astratta: Hans Hartung, Toshimitsu Imai e Paul Jenkins.
Dal 9 novembre 2023 al 12 gennaio 2024, Dellupi Arte ospiterà nei suoi spazi un omaggio a questi protagonisti del secondo dopoguerra, che hanno saputo trasformare ciascuno con le proprie specificità il linguaggio pittorico dell’astrazione. Presentando un’accurata selezione di dipinti, la mostra si concentra su opere realizzate esclusivamente tra gli anni Cinquanta e Sessanta, rappresentando un momento particolarmente creativo nella ricerca dei tre pittori, impegnati nel coniugare tecniche artistiche innovative, lirismo e immaginazione pittorica.
Pionieri del linguaggio astratto, Hartung, Imai e Jenkins sono state figure imprescindibili della scena artistica del secondo dopoguerra, influenzando profondamente successive generazioni di artisti.
A partire dagli anni Sessanta, Hartung affina la tecnica del grattage, che consiste nel “grattare” con vari strumenti lo strato pittorico ancora fresco appena steso sulla superficie della tela o intervenendo su supporti in carta baritata. Il segno, cifra stilistica di tutta la sua opera, si trasforma in un fluire libero di energia visiva e intuizione immediata, visibile nelle opere esposte caratterizzate da un linguaggio fremente e vitale. Cifra della sua arte, sono esposte in mostra una serie di tele, la maggior parte realizzate tra il 1962 e il 1963, come l’imponente T1963-H26, a testimonianza dell’incredibile varietà compositiva, cromatica ed espressiva di Hartung.
“Se la nozione di complessità sta per sostituirsi a quella, eminentemente classica, di semplicità, l’opera che ci propone Imai è la più atta a testimoniare questo passaggio”. È con queste parole che Michel Tapié descrive la pittura di Imai, artista che proprio grazie al critico francese e ai suoi rapporti con Georges Mathieu e Sam Francis, è riuscito a fondere le novità del linguaggio informale europeo con una sensibilità tipicamente giapponese. Tra le tele in mostra, anche la vibrante e dinamica Soleil, 1963, emblematica del suo interesse verso le potenzialità del colore e la sperimentazione della materia pittorica, visualizzato nell’impegno gestuale dell’artista con la tela.
Tra i più importanti artisti astratti americani del secondo dopoguerra, l’arte di Jenkins si caratterizza per la sua potente energia cromatica e compositiva, costituita da sovrapposizioni di sfumature cromatiche, opacità e trasparenze. Evitando l’utilizzo del pennello, l’artista accosta colature di colori, che guida e distende sulla tela grazie a una lama d’avorio. Nella monumentale Phenomena of Octane (1959), l’artista propone sulla superficie della tela la propria definizione di colore, luce e spazio, lasciando che il colore fluisca liberamente per creare inediti effetti pittorici.